ornitologia 24

Pappagalli, il dono della parola

Uno degli aspetti che sicuramente ci attraggono di più dei pappagalli è quello della capacità di riprodurre suoni che provengono dall’ambiente. Questa capacità è propria di quasi tutte le specie di pappagalli, da quelli di più ridotte dimensioni a quelli più grandi. Infatti, seppur nell’immaginario collettivo sia il pappagallo più grande a saper “parlare”, come le amazzoni, i cenerini o le grandi ara, in realtà poi scopriamo che anche le calopsitte, ad esempio, sono in grado di ripetere qualche parola o intonare motivetti musicali che insegniamo loro.

In natura questo comportamento è talvolta diffuso nell’ordine degli Psittacidae e, quando presente, diventa caratteristica propria di alcune specie, al punto che la riproduzione di più suoni differenti tra loro, diventa prerogativa del sesso maschile, che la utilizzano per conquistare le femmine a “suon di imitazioni”. Questo può capitare ad esempio nel grande cacatua nero della palme, il Calyptorhynchus latirostris.
In natura conosciamo un altro uccello molto abile nell’imitare suoni che provengono dall’ambiente, siano essi suoni provenienti dal modo umano che dal mondo naturale: l’uccello lira (Menura sp.). E’ molto interessante poter assistere alle performance vocali di questo uccello australiano, capace di imitare con estrema precisione dei particolari un altro uccello o addirittura strumenti meccanici umani, come le motoseghe utilizzate nelle foreste per abbattere gli alberi. Tuttavia non è unicamente prerogativa dei pappagalli saper imitare la voce umana in cattività. Anche uccelli appartenenti ad altri ordini giungono a ripetere parole; pensiamo ai nostri corvi e in campo esotico al merlo indiano (Gracula religiosa).

Ma quale meccanismo psicologico induce i pappagalli ad imitare la voce del proprio allevatore? La caratteristica che accomuna tutti gli uccelli “parlatori” è quella di perdere in cattività la naturale paura per l’uomo, considerato invece ancestralmente un predatore. Questi animali, alle volte allevati artificialmente da neonati altre domestici perché tenuti per anni singolarmente, instaurano un solido rapporto comunicativo con l’uomo e il fatto di giungere a ripetere le sue parole è da considerarsi come ricerca di un appagamento alla pulsione della comunicazione.
Un pappagallo domestico è isolato dai suoi conspecifici, non ha modo di comunicare con altri uccelli e tutti i comportamenti evoluti finalizzati alla comunicazione cadono in disuso. Pur mantenendo la capacità di emettere vocalizzazioni tipiche della specie, questi soggetti non ricevono risposta alcuna. Non ricevendo risposte i loro comportamenti comunicativi è come se restassero aperti, terminando con un punto interrogativo che mai viene soddisfatto con una risposta.
Questa circostanza si verifica per molti comportamenti in cattività, ed è una delle più importanti concause dell’insorgenza di psicopatologie. Secondo la mia ipotesi, infatti, la mancata esecuzione (quindi soddisfazione psicofisica) dei comportamenti tipici di una specie animale, porta inevitabilmente ad uno stato psicologico che io definisco “Stasi comportamentale”. Durante la stasi comportamentale gli animali, quindi i pappagalli, sono quotidianamente alla ricerca di stimolazioni che possano indurre ad una scarica delle loro pulsioni comportamentali e, in questo caso, l’attenzione ricade su qualcosa che possa dar sfogo alla loro intensa voglia di comunicare.
A questo punto, complice il rapporto con l’essere umano, ridirezionano le loro pulsioni comunicative verso la specie con cui possiedono più rapporti, cioè il loro proprietario, e grazie ai loro caratteristici apparati fonatori si impegnano a riprodurre vocalizzi che possano soddisfare la loro innata necessità di dover comunicare.
Giunti a questo risultato spesso si assiste ad una grande integrazione del vocabolario soggettivo in tempi straordinariamente brevi e, così, i nostri pappagalli iniziano a parlare. Il semplice trucco per poter insegnare ad un pappagallo a parlare è quello di dare soddisfazione alla sua necessità di comunicare, parlandogli insieme utilizzando poche parole ed emettendole in modo lento e chiaro.
Generalmente è utile scegliere parole ricche di vocali, poiché sono quelle che alle prime esperienze dell’animale riescono ad essere ripetute con più facilità. Parlando assieme ai nostri pappagalli non soltanto riusciremo a far imparare loro qualche parola, ma soddisferemo anche la loro esigenza di manifestare comportamenti sociali, caratteristica comune a tutti i pappagalli, dando una via d’uscita ed un ritorno (in senso di appagamento psicologico) alle loro pulsioni comunicative.

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